Sánchez scrive a Rutte: “Spagna non disposta a investire il 5% del Pil in difesa. Siamo uno Stato sovrano”

Alle pressanti richieste di Ue e Nato, il leader spagnolo oppone l'autonomia degli Stati sovrani
2 settimane fa
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Il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez

Il premier spagnolo Pedro Sánchez dice no alla Nato, che chiede di portare la spesa per la difesa al 5% del Pil. Lo fa con una lettera inviata direttamente al Segretario generale Mark Rutte: “Per la Spagna impegnarsi all’obiettivo del 5% sarebbe non solo irragionevole, ma anche controproducente: allontanerebbe la Spagna dalla spesa ottimale e ostacolerebbe gli sforzi dell’Ue per rafforzare il suo ecosistema di sicurezza e difesa“, scrive il leader socialista, che, in sede di Consiglio europeo, si era già schierato contro l’uso della parola riarmo e il ReArmEu.

Due giorni fa, l’Alta rappresentante dell’Unione per gli affari esteri, Kaja Kallas, ha ribadito la necessità di aumentare la spesa per la difesa, rivolgendo un appello agli Stati membri e a tutti gli alleati della Nato perché “Putin ha un piano per attaccare l’Europa nel lungo termine”. Insomma, l’aumento della spesa militare sembra una scelta costretta per l’Occidente, ma non per Sánchez, che alle richieste sovranazionali oppone l’autonomia degli Stati sovrani: “Ogni governo ha il legittimo diritto di decidere se è disposto o meno a compiere tali sacrifici. Come alleato sovrano, noi scegliamo di no“, aggiunge il premier spagnolo nella lettera a Rutte.

Già a settembre, Sánchez era andato controcorrente rispetto a Bruxelles: mentre l’Ue preparava i dazi sulle auto elettriche cinesi, il leader socialista raggiungeva Xi Jinping a Pechino per scongiurare una guerra commerciale con il Dragone. In quella occasione, il premier spagnolo rimarcò il “ruolo centrale” della Cina nel panorama mondiale, schierandosi apertamente contro i dazi di Bruxelles.

Ad aprile, il leader spagnolo è stato di nuovo l’interlocutore preferito dal Dragone: “Cina e Unione europea siano unite contro il bullismo degli Usa“, aveva dichiarato allora il presidente cinese Xi Jinping accogliendo Sánchez a Pechino per la terza volta in tre anni (marzo 2023, settembre 2024 e aprile 2025).

Sánchez propone una “formula più flessibile”

Nel confronto con gli altri paesi dell’Unione Europea, la Spagna occupa una delle ultime posizioni nella classifica delle spese militari. Secondo i dati più recenti, il Paese iberico si colloca al terzultimo posto in Europa con l’1,49% del Pil destinato alla difesa, seguito solo da Belgio, Lussemburgo e Slovenia. Questa cifra contrasta nettamente con la media europea, dove i 23 Stati membri dell’Ue che fanno parte della Nato hanno raggiunto l’1,99% del Pil complessivo nel 2024.

Il divario diventa ancora più evidente se si considera che Paesi come la Polonia destinano il 4,12% del Pil alla difesa, l’Estonia il 3,4%, la Lettonia il 3,15% e la Lituania il 2,85%. Anche i paesi scandinavi mostrano percentuali significativamente superiori, con la Finlandia al 2,41% e la Danimarca al 2,37%

Il premier sostiene inoltre che l’aumento del 5% sarebbe “incompatibile col nostro sistema di welfare e con la nostra visione del mondo” e che per raggiungere tale obiettivo sarebbe impossibile” se “non si alzano le tasse sulla classe media e non si riducono i servizi pubblici”. Nella missiva, il leader socialista propone “una formula più flessibile” che renda “l’obiettivo di spesa facoltativo o escluda la Spagna dall’applicazione” dell’obiettivo del 5%.

Il governo Sánchez ha delineato una tabella di marcia per raggiungere l’obiettivo del 2% del Pil entro il 2029, con aumenti graduali: nel 2025 la spesa salirà a 21,2 miliardi di euro (1,32% del Pil), nel 2026 a 24,7 miliardi (1,49%), nel 2027 a 28,4 miliardi (1,66%), nel 2028 a 32,4 miliardi (1,81%) e infine nel 2029 a 36,6 miliardi.

Questa crescita programmata prevede iniezioni annuali di circa 4 miliardi di euro, destinate principalmente alla modernizzazione di sottomarini, carri armati, navi da guerra e al miglioramento delle infrastrutture comunicative. Per finanziare questi aumenti, il governo ha fatto ricorso anche al fondo di contingenza e a crediti straordinari.

I precedenti tra Spagna e Nato

La lettera di Sánchez non è un fulmine a ciel sereno.

A inizio giugno, la ministra della Difesa Margarita Robles aveva definito “inaccettabile” l’obiettivo del 5%“Sappiamo bene che molti Paesi sono pronti ad arrivare al 5%, e rispettiamo la loro decisione, ma la Spagna si considera vincolata solo a raggiungere l’obiettivo attuale del 2%”, aveva chiarito.

Già a febbraio 2025, il governo spagnolo aveva confermato l’intenzione di mantenere gli impegni di spesa assunti, ovvero destinare l’1,32% del Pil alla difesa nel 2025 e raggiungere l’obiettivo del 2% entro il 2029. “La Spagna, in quanto alleato serio, affidabile e responsabile, sa perfettamente cosa deve fare e non ha bisogno di prendere lezioni da nessuno“, aveva chiosato Robles.

La netta presa di posizione di Sánchez è anche frutto delle pressioni interne alla coalizione di governo. Il 7 giugno, circa mille manifestanti di Podemos, Izquierda Unida e Sumar hanno protestato a Madrid contro l’aumento del bilancio militare. Il portavoce parlamentare di Izquierda Unida, Enrique Santiago, ha dichiarato che è praticamente impossibile per il suo partito continuare a far parte di un esecutivo che intraprende questa strada” e Pablo Bustinduy, ministro dei Diritti sociali in quota Sumar, ha messo in guardia l’esecutivo riguardo alle “spese militari folli”.

Dall’altra parte del Parlamento, c’è chi, sostenendo le richieste di Bruxelles e della Nato, accusa il governo di spendere troppo poco in difesa. Il leader del Partido Popular, Alberto Núñez Feijóo, ha criticato il governo Sánchez che starebbe trasformando la Spagna in un alleato “inaffidabile” della Nato.

La lettera inviata a Rutte arriva in un momento critico per l’esecutivo spagnolo che deve ancora ottenere l’approvazione parlamentare della legge di bilancio per il 2025, ed è travolto dalle accuse di corruzione che fanno vacillare la sua tenuta. Questo contesto potrebbe aver incentivato il premier spagnolo ad assumere una posizione netta nei confronti delle richieste della Nato per rafforzare la credibilità dell’esecutivo.

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